Il 24 ottobre 1917 l'esercito austriaco trasformò la conca di Plezzo in un'enorme bara, ricorrendo all'impiego di gas con cui rendere ancora più micidiali le loro granate. Ancora oggi, per ricordare quello sterminio consumato contro migliaia di soldati italiani, basta l'espressione "Croce Blu": un simbolo di fede che assurge a simbolo di devastazione, poiché dipinto proprio sugli ordigni impiegati nella conca. In ogni caso l'azione specifica di Plezzo fu studiata nei minimi particolari, tenendo ben presente la conformazione del campo di battaglia e la direzione del vento dominante. L'operazione, condotta dal battaglione lanciagas tedesco dislocato sui terrazzi alluvionali a sud del Ravelnik/Rabelnik, fu rapidissima ed ebbe azione decisiva contro i difensori della conca. Non durò che trenta secondi, il tempo necessario perché le novecento granate lanciate contemporaneamente mediante un dispositivo elettrico d'accensione (altre cento bombe saranno lanciate mezz'ora più tardi) scoppiassero in aria e la nuvola tossica iniziasse a calare sulle linee italiane.
Dai seicento agli ottocento uomini morirono «in silenzio, come se fossero stati colpiti dal pugno di un fantasma, senza che nessuno di essi si rendesse conto di quello che avveniva».
Certamente il successo complessivo della 14a Armata austro-tedesca nella battaglia di Caporetto non fu dovuto al solo gas lanciato a Plezzo. Molteplici ne furono le cause. Ma leggere in un telegramma-relazione della 50a div. (cui appartenevano i reparti maggiormente colpiti dal gas) che «le maschere si sono dimostrate efficacissime» , è davvero incredibile.
|